Arretrati fino a 3.000 euro sulla pensione: il 2025 si prospetta come un anno d’oro per centinaia di contribuenti

Grazie a una sentenza della Corte Costituzionale tantissimi pensionati riceveranno una somma una tantum di 3.000 euro a titolo di arretrati.

Anche per il prossimo anno si attende un aumento delle pensioni, per effetto dell’adeguamento al tasso di inflazione registrato ogni anno dall’ISTAT. Per il 2025, tuttavia, l’incremento degli assegni pensionistici dovrebbe essere contenuto, visto che il tasso di indicizzazione è fissato alo 0,8% (a fronte del 5,4% del 2024).

rivalutazione pensioni
Attraverso il meccanismo della rivalutazione, le pensioni vengono adeguate al tasso di inflazione (governarelascuola.it)

La norma sull’aumento delle pensioni, tuttavia, è stata oggetto di una questione di illegittimità sollevata dinanzi alla Corte Costituzione. A gennaio, la Consulta dovrà decidere in merito all’incostituzionalità del meccanismo di adeguamento e, dunque, i pensionati potrebbero aver diritto a degli arretrati sugli assegni.

La platea dei beneficiari potrebbe essere molto estesa e, per tale ragione, si attende con trepidazione il provvedimento dei giudici costituzionali, per scoprire quanti riceveranno la somma aggiuntiva e in che misura. Ma per quale motivo il sistema della rivalutazione potrebbe non essere idoneo? Analizziamo attentamente la questione.

Adeguamento delle pensioni all’inflazione: si attende la decisione della Corte Costituzionale

Per il 2025, le pensioni subiranno un incremento dello 0,8%, sulla base del tasso di inflazione rilevato nei primi tre trimestri del 2024. Di conseguenza, dal prossimo gennaio, gli assegni verranno ricalcolati nel seguente modo:

pensioni e tasso di inflazione
L’incostituzionalità del meccanismo di adeguamento delle pensioni comporterà il riconoscimento degli arretrati (governarelascuola.it)
  • rivalutazione al 100%, con aumento dello 0,8%, per le pensioni fino a quattro volte il minimo INPS (circa 2.270 euro al mese);
  • rivalutazione al 90%, con aumento dello 0,72%, per la parte di pensione da quattro a cinque volte il minimo INPS (fino a circa 2.840 euro al mese);
  • rivalutazione al 75%, con aumento dello 0,6%, per la parte di pensione superiore a cinque volte il trattamento minimo INPS (più di 2.840 euro al mese).

Nel 2024, invece, è stato utilizzato un sistema di adeguamento differente, che applicava la percentuale di incremento sull’intero assegno pensionistico e non solo alla parte eccedente lo scaglione immediatamente anteriore. Proprio sul vecchio metodo sono stati sollevati dubbi di incostituzionalità.

Cosa succederebbe se la Corte Costituzionale dovesse confermare tali dubbi? Tantissimi pensionati che sono stati penalizzati dal vecchio sistema di adeguamento al tasso di inflazione avrebbero diritto a un rimborso. Ad esempio, su un assegno pari a 5.700 euro nel 2024 sarebbe spettato un incremento di 307,80 euro al mese, con l’applicazione piena della vecchia percentuale del 5,4%. In realtà, è stato aumentato solo di 67,72 euro, con una perdita mensile di ben 240,08 euro.

Di conseguenza, lo Stato potrebbe trovarsi costretto a restituire agli interessati più di 3.000 euro, a titolo di arretrati non percepiti tramite l’adeguamento.

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