Lo strumento dell’accertamento induttivo è particolarmente utile per scovare eventuali redditi non dichiarati. Come evitare sanzioni salate?
L’Agenzia delle Entrate ha deciso di predisporre delle verifiche più severe sui conti correnti dei contribuenti, per scovare situazioni di irregolarità e irrogare le multe dovute. Nel dettaglio, i controlli vengono effettuati tramite il cd. accertamento induttivo puro.
Si tratta di uno strumento al quale si ricorre in mancanza di prove dirette di evasione fiscale, perché si fonda su presunzioni ricavate da apposite indagini bancarie. Se, quindi, il conto di un contribuente è caratterizzato da movimenti sospetti o che non sono in linea con i redditi dichiarati, il Fisco presume che tali somme derivino da guadagni non dichiarati, come vendite o attività lavorative non comunicate.
Nel caso di mancata risposta dell’interessato agli inviti da parte dell’Agenzia delle Entrate a spiegare la natura e l’origine delle operazioni compiute, dovrà provare la liceità di tali operazioni. Il contribuente, dunque, dovrà dimostrare, tramite prove concrete, perché possiede quel denaro sul proprio conto.
I controlli dei conti correnti bancari da parte dell’Agenzia delle Entrate coinvolgono essenzialmente i contribuenti che presentano delle incongruenze rispetto alle Dichiarazioni dei Redditi. L’esame riguarda non solo i conti intestati all’interessato ma anche quelli intestati a terzi (ad esempio, quelli di familiari o società riconducibili al contribuente).
Di recente, è intervenuta un’ordinanza della Corte di Cassazione (la n. 7360/2024), che ha specificato che se non si risponde agli inviti dell’Agenzia delle Entrate per provare la natura dei movimenti sui conti bancari, il Fisco può andare avanti con l’accertamento, prendendo in considerazione solo le presunzioni legate alle indagini bancarie, senza l’obbligo di procedere con ulteriori indagini.
Il caso sottoposto all’attenzione dei giudici riguardava un professionista che aveva ignorato gli inviti del Fisco relativi a conti bancari intestati a terzi, ma riconducibili alla sua attività. Basandosi sulle indagini sul conto, l’Agenzia delle Entrate ha proceduto con l’accertamento e invitato l’interessato a provare che le somme giacenti non fossero le sue. L’ordinanza, quindi, ha dato un potere aggiuntivo al Fisco, in caso di mancata risposta del contribuente.
In ogni caso, per evitare possibili conseguenze spiacevoli, consigliamo ai Lettori di conservare sempre tutta la documentazione relativa ai movimenti bancari, anche quelli che riguardano conti di terzi, ma legati a proprie attività. È, poi, sempre opportuno rispondere in maniera celere a eventuali inviti da parte del Fisco, per scongiurare accertamenti fondati sulla presunzione.
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