La diffamazione può realizzarsi anche tramite immagini, emoticon e simboli. Come scoprire se la condotta integra un reato?
Nell’utilizzo dei social network, si potrebbe incorrere nel reato di diffamazione. Quest’ultimo può essere compiuto non solo tramite frasi ma anche con disegni, foto, filmati e immagini.
Per questo motivo, in molti si chiedono se anche l’utilizzo di una particolare emoticon possa integrare una condotta diffamatoria. Le emoticon sono delle piccole rappresentazioni grafiche di espressioni facciali, che possono essere inviate sulle principali piattaforme di messaggistica. Si differenziano dalle emoji che, invece, sono vere e proprie immagini.
Ebbene, le emoticon e le emoji possono offendere la persone alla quale vengono inviate? Al riguardo, è stata pronunciata un’interessante sentenza della Corte di Cassazione. Scopriamo cosa hanno stabilito i giudici.
Le emoticon e le emoji possono offendere l’interlocutore, se usate in maniera derisoria e dispregiativa. Per questo motivo, possono costituire delle vere e proprie ingiurie e integrare il reato di diffamazione, quando inviate con lo scopo di danneggiare qualcuno davanti ad altre persone.
A stabilire tale principio è stata la Corte di Cassazione, con la sentenza n.2251/2023. I giudici hanno stabilito che, se effettuata tramite social network, la diffamazione si configura come aggravata dall’uso di mezzi di pubblicità, che permettono la celere e ingestibile diffusione dei contenuti offensivi.
Tale principio si applica sia quando le emoticon e le emoji accompagnano un testo sia quando vengono inviate da sole. Ad esempio, può essere considerato diffamazione commentare un post con la emoji che ritrae il dito medio di una mano.
Affinché sussista la diffamazione, è essenziale che la volontà di ingiuriare il terzo sia pubblica e manifesta. Questo significa che un simbolo enigmatico non è sufficiente per il sorgere della responsabilità penale. Non c’è alcun reato, poi, se le emoticon e le emoji vengono condivise in privato, con il diretto interessato. In tal caso, infatti, si configura l’illecito civile di ingiuria.
La persona diffamata che intende proteggersi ha il diritto di sporgere querela entro tre mesi, per ottenere non solo la condanna dell’autore del reato ma anche il risarcimento dei danni. Nel caso in cui voglia la rimozione del commento diffamatorio, deve adire il giudice civile oppure contattare la piattaforma social.
Segnaliamo, infine, che il ricorso non adeguato a emoticon ed emoji può essere alla base anche di altri tipi di reati oltre alla diffamazione, come la minaccia (ad esempio, se si commenta un post con immagini di pistole).
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