Dei banali movimenti sui conti correnti potrebbero far scattare pericolosi controlli dall’Agenzia delle Entrate. Ecco le azioni da evitare.
La lotta all’evasione fiscale si avvale di sofisticati strumenti tecnologici, grazie ai quali l’Agenzia delle Entrate può scovare situazioni ritenute dannose. Gli accertamenti coinvolgono soprattutto i conti correnti su cui vengono registrati movimenti frequenti o senza una valida giustificazione.
Attenzione, dunque, se decidete di trasferire del denaro, perché il Fisco potrebbe verificare tali operazioni. In molti casi, sono le stesse banche che comunicano all’Agenzia delle Entrate i movimenti bancari dei correntisti. Ma quando vengono effettuati i controlli più dettagliati e in quali casi si rischiano sanzioni? È fondamentale saperlo.
In Italia non vige il segreto bancario e, dunque, la maggior parte dei dati relativi ai conti correnti dei cittadini possono essere visionati anche senza specifici permessi. Questo, ovviamente, non significa che le informazioni sono disponibili per tutti, perché il Testo Unico Bancario assicura, attraverso precise procedure, la salvaguardia dei dati sensibili dei correntisti.
Ma l’Agenzia delle Entrate può verificare tutte le operazioni compiute su un determinato conto corrente, nel caso in cui abbia il sospetto che il titolare abbia messo in atto operazioni legate all’evasione fiscale. Gli accertamenti, ad esempio, scattano nelle ipotesi di incongruenze con le informazioni inserite nella Dichiarazione dei Redditi.
È bene chiarire che le transazioni bancarie ordinarie (come l’accredito di stipendio o pensione e il pagamento del canone di affitto) non destano particolare apprensione. Bisogna, invece, stare attenti alle operazioni frequenti, per le quali risulti dubbia la provenienza del denaro. Le verifiche da parte del Fisco, ad esempio, possono avvenire nel caso di bonifici privi di una valida giustificazione che coinvolgono ingenti somme di denaro oppure di trasferimenti molto frequenti di piccoli importi nei confronti di terzi soggetti, con i quali non c’è un apparente legame.
Per evitare l’irrogazione di pesanti sanzioni, è opportuno conservare i documenti in grado di provare la legittimità dei movimenti bancari. In particolare, la legge prevede che le certificazioni contabili vanno conservate per dieci anni.
Il Decreto Salva Italia del 2011, infine, stabilisce l’obbligo da parte di tutti gli operatori finanziari di inviare all’Anagrafe tributaria i dati relativi ai saldi e ai movimenti che si riferiscono ai “rapporti attivi”. Anche gli istituti di credito, infine, devono conservare per dieci anni le informazioni che riguardano i movimenti bancari “non ordinari” e i dati anagrafici di tutti i correntisti ed eventuali terzi soggetti coinvolti nelle suddette operazioni.
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