Per disincentivare il ricorso a strumenti di pensione anticipata, verranno offerte delle agevolazioni economiche ai lavoratori.
La Legge di Bilancio 2025 non ha rivoluzionato il sistema pensionistico italiano e non ha predisposto nuovi strumenti di flessibilità in uscita. Anzi, ha ideato un piano per frenare il ricorso al pensionamento anticipato, al fine di contenere la spesa pubblica.
In particolare, i dipendenti che decideranno di ritardare il congedo definitivo, pur avendo maturato i requisiti per poter smettere di lavorare, potranno contare su un aumento dello stipendio. Potranno beneficiare dei vantaggi i soggetti che raggiungeranno i presupposti per la pensione anticipata entro il 31 dicembre 2025. Ma in cosa consistono le agevolazioni e chi potrà richiederle? Scopriamolo.
Aumento fino al 9,19% sullo stipendio per chi posticipa la pensione: a chi spetta?
I lavoratori che decideranno di posticipare la pensione potranno contare sulla detassazione del Bonus Maroni. In pratica, il datore di lavoro non pagherà all’Ente previdenziale la quota di contributi IVS a carico dei dipendenti, ma l’ammontare verrà accreditato direttamente agli interessati. Questo comporterà un incremento dello stipendio del 9,19% per i privati e dell’8,8% per gli statali.
Il Bonus Maroni è un sussidio attivo già da due anni, ma che non ha avuto successo a causa della poca convenienza dal punto di vista fiscale. Per questo motivo, dal 2025 verrà detassato. Se, inoltre, fino al 2024 solo i beneficiari di Quota 103 avevano potuto richiederlo, ora potranno beneficiarne anche i lavoratori in possesso dei requisiti per la pensione anticipata ordinaria (ossia 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne).
Misure per i lavoratori dipendenti pubblici: sì alla permanenza a lavoro fino a 70 anni
La Manovra finanziaria ha introdotto anche misure dirette al prolungamento della vita lavorativa dei dipendenti pubblici. Fino allo scorso anno, il limite ordinamentale era fissato a 65 anni ma, d’ora in poi è elevato a 67 anni.
Sono stati anche aboliti il collocamento a riposo obbligatorio, per i sessantacinquenni che hanno raggiunto i requisiti per la pensione anticipata, e la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro da parte del datore nei confronti degli stessi dipendenti.
Le Pubbliche Amministrazioni, infine, avranno l’opportunità di trattenere in servizio i dipendenti, previo consenso degli interessati, per attività di tutoraggio nei confronti dei neoassunti o per esigenze organizzative. In ogni caso, la permanenza in servizio non può estendersi oltre i 70 anni di età.